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IL VERO VOLTO
DELLE STORIES

Il vero volto delle Stories

Lanciate su Instagram il 2 agosto del 2016 per competere con Snapchat, nel corso degli anni hanno visto una crescita esponenziale. Oggi sono più di 500 milioni gli utenti che le visualizzano ogni giorno.

Ma facciamo velocemente un passo indietro per capire insieme non tanto perché sono state introdotte, ma cosa le ha rese così famose, facendole diventare un vero e proprio fenomeno. Questo ci permetterà di capire il perché è importante non sottovalutarle.

Furono Kevin Systrom e Mike Krieger a chiamare la piattaforma: Instagram; anziché Burbn.

Il nome è una crasi tra Instant Camera e Telegram, ovvero una posta per immagini, che stava ad indicare non solo un luogo ma un vero e proprio modo di raccontare se stessi attraverso scatti istantanei, un po' come accadeva una volta grazie alle polaroid.

Come ogni piattaforma, col tempo anche Instagram ha subito una naturale evoluzione e quello che doveva essere un album di immagini (feed) che riportava in real time la nostra quotidianità si è tramutato in una corsa alla perfezione. I feed sono diventati sempre più curati, le foto post prodotte e ciò che una volta era basato sull’estemporaneità, ha perso in naturalezza. Ci si racconta ancora attraverso le immagini, ma non più in real time.


Cosa è accaduto con l’introduzione delle stories?

La future ha riportato gli utenti a mostrare ciò che accadeva nel preciso istante in cui stava avvenendo, facendo riacquistare agli account quella naturalezza che era venuta a mancare nel tempo.


Perché hanno preso così piede e siamo così attratti dalle Stories altrui?

Il termine “Storia” etimologicamente significa “Riconoscere”. Riconosciamo gli altri attraverso le loro storie e mostriamo noi stessi attraverso le nostre. In altre parole, guardiamo le stories altrui per riconoscerci e pubblichiamo le nostre per farci riconoscere.

Sono un dialogo veloce e costante con altre persone; ci proiettano nella vita e nei pensieri di qualcun’altro, senza quelle sovrastrutture che ritroviamo nelle immagini post prodotte dei feeds.


Ci siamo sentiti tutti fuoriluogo, inadatti o poco competenti di fronte ad un obiettivo puntato addosso, ma riprendendo le parole di Angela Lagreca: “La narrazione è da sempre usata dall’essere umano. È uno strumento importante di interpretazione della realtà per interagire con il mondo sociale nel quale viviamo. È dunque un modo per comprendere quanto ci circonda e per trasmetterlo agli altri.”

Ascoltare storie e narrarle a nostra volta è insito nella nostra natura. Ci consente di esplorare e comprendere esperienze individuali e collettive. Raccontarci attraverso delle stories è più naturale di ciò che si pensa, farlo senza troppe sovrastrutture e senza la costante ricerca di perfezione, il più delle volte, le rende ancora più attraenti.

La narrazione è terapeutica, aiuta lo sviluppo cognitivo, affettivo, etico e valoriale.

Eppure ancora oggi, alcune modalità di espressione vengono demonizzate e/o derise. Dovremmo imparare ad accogliere e avvalorare i nuovi stili narrativi, e prendere per mano i cambiamenti, percependoli non come minacce, bensì come passi essenziali per una evoluzione.

Le stories, cosiccome le igtv, le dirette, i reels, e tutte le nuove futures di qualsiasi piattaforma social, sono nuovi stili narrativi che entrano ogni giorno a far parte della nostra realtà; sta a noi decidere se farne buon uso o se voltarci, protestare e camminare erroneamente contro una Comunicazione che evolve.