Una bella immagine si sa, può essere un piacere. E’ il concetto su cui si fonda l’estetica.
La reazione di fronte alla bellezza, è stata studiata dal punto di vista neuroscientifico da un filone chiamato neuroestetica, e il tutto viene analizzato misurando le emozioni che fa scaturire una immagine, attraverso le tecniche di neuromarketing.
L’esperienza a stimoli “belli”, è associata all’attivazione al centro deputato alla ricompensa e all’attenzione spaziale, a differenza delle immagini sgradevoli che attivano una parte celebrare responsabile della fuga da uno stimolo spiacevole.
Eppure da tutti gli studi fatti nella neuroestetica, il volto è ciò che attira più attenzione in ognuno di noi. “Ci sono poche visioni piacevoli come un bel volto umano” (V.Russo).
I volti pare siano la più importante categoria di riconoscimento, perché hanno in sé una connotazione psicologica, simbolica ed emozionale. In altre parole, riconoscere un volto amico o nemico e l’emozione che scaturisce dalla sua vista, è un problema strettamente legato alla sopravvivenza della specie.
Nel tempo la psicologia cognitiva ci ha spiegato perché i volti umani hanno una valenza attrattiva così forte: non li elaboriamo come un modello di linee come facciamo per molte altre immagini visive, bensì come un’immagine unitaria, benché sia composto da tanti elementi (occhi, naso, bocca, guance etc...)
Questo ci porta a fare un singolo passaggio, dando modo al nostro cervello di acquisirne l’identità e da lì può scaturire velocemente un’emozione. E avviene con più facilità se il volto è posizionato in modo corretto nello spazio.
Quando ad esempio vediamo un viso capovolto, tendiamo a non renderci conto le imperfezioni, provate a guardare una vostra foto girando lo schermo, vedrete come sembri tutto passato sotto le mani di un accurato post produzione.
Perché accade tutto questo?
Perché l’identità di un volto riusciamo a codificarla in merito alle relazioni spaziali tra i suoi tratti specifici, come il naso, gli occhi, la bocca, e siamo poco sensibili a queste parti, che poi di fatto lo compongono, ma non le notiamo il momento in cui un viso è posizionato male in uno spazio.
Il riconoscimento dei visi è un fenomeno a tal punto complesso, che il nostro cervello ha sviluppato nel tempo, un’area esclusivamente dedicata a questa azione. Immaginate l’importanza che gli diamo.
Tutto questo ha fatto sì che nel marketing e successivamente nel digital marketing, i volti siano stati utilizzati per creare una maggiore attrattiva nei confronti di prodotti e servizi, ché se viene associato qualcosa ad un “volto” sarà sicuramente più interessante per chi lo guarda. A mano a mano cresce il ruolo dei testimonial, degli ambassador, fino ad arrivare a quello degli influencer.
Immagini in cui è visibile il vostro volto, hanno il 38% di probabilità in più di ricevere dei like, e il 32% in più di ricevere dei commenti.
Il volto è sinonimo di autenticità, di umanizzazione, di sicurezza, attraverso un volto ci si ritrova, si prova vicinanza, quella che non conferirà mai un prodotto, tanto meno un servizio.
E il marketing lo sa bene. Un Mac non è mai stato solo un Mac, è un giovane, di bell’aspetto, innovativo e sul pezzo, casual e con grande creatività che tiene un Mac in mano.
Sara continua a disegnare e produrre cappelli bellissimi, sono andata a cercare il suo account instagram poco prima di scrivere questo articolo. Anzi posso tranquillamente dire che è nettamente migliorata la qualità delle sue creazioni, ma l’anima del suo progetto è in una zona d’ombra, nascosta, e lo sarà finchè non deciderà di mostrarsi e rendere visibile a tutti noi, il volto e le mani che riescono a materializzare tanta bellezza.
Metterci la faccia non solo umanizza un progetto, ma alza enormemente il grado di attrazione di noi utenti nei confronti del prodotto o del servizio di cui si fa portavoce, per cui forse è ora di lasciarci alle spalle l’imbarazzo e di farci ambassador di ciò che abbiamo ideato.