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LinkedIn sì
LinkedIn no

LinkedIn conviene?

Tempo fa mi ha contattato un libero professionista, chiedendomi di quantificare l’efficacia di una piattaforma social come LinkedIn, nella ricerca di un potenziale network.

Così gli ho illustrato pro e contro, motivando ogni affermazione.

Da questa conversazione ho estrapolato alcuni i punti nevralgici e proverò a spiegarvi brevemente non cosa è questa piattaforma, quello potreste leggerlo ovunque, bensì i punti cardine su cui si basa, per capire meglio come utilizzarla.

Innanzitutto la maggior parte delle persone che si accinge ad aprire un profilo su LinkedIn, non solo non completa i dati essenziali di presentazione, ma lascia l’account per lo più privo di contenuti.

Per cui la prima domanda da porsi è: conviene attivare un account, senza dedicargli il giusto tempo per raggiungere il proprio obiettivo di creare “relazioni”, al fine di divulgare progetti e idee?

È un’azione articolata ma potenzialmente remunerativa, la creazione della propria rete di contatti.

Proviamo a capire perché.

Nel 1998 l’antropologo Robin Dunbar descrisse la rete sociale di ognuno attraverso una serie di cerchi concentrici chiamati “circoli di conoscenza”.

Secondo questa organizzazione l’individuo si trova al centro e i suoi contatti sono indicati nei cerchi successivi; più sono stretti, più sono vicini all’individuo.

Dunbar quantificò poi il numero di persone con cui un individuo mantiene relazioni stabili: ~ 150z

Quello che oggi conosciamo come “Numero di Dunbar“.

Qualche decennio prima, negli anni ’70, Mark Granovetter teorizzò l’esistenza di tre diversi tipi di legami:

La ricerca di in uno spazio digitale in cui la vera identità di una persona e le sue riflessioni vengono messa al centro di una relazione, quella che nasce, grazie all’empatia ed in particolare all’empatia digitale, con una community accomunata dagli stessi valori e una bellissima sete di conoscenza.

1) quelli forti tra parenti, amici, colleghi con cui si hanno relazioni frequenti;

2) quelli deboli, tra persone che si incontrano di rado e interagiscono sporadicamente;

3) quelli assenti o temporanei, tra persone che si incontrano una volta nella vita. 

Successivamente Granovetter ipotizzò la “forza dei legami deboli”, e attestò statisticamente, attraverso delle ricerche, che l’83% degli individui da lui analizzati, riferiva di aver trovato lavoro grazie a persone appartenenti alla categoria dei legami deboli, che in tal senso si erano rivelati più forti in quanto più utili, professionalmente parlando.

LinkedIn a mio avviso si basa su queste due teorie.  Per cui se ben coltivato, come qualsiasi piattaforma, può dare i giusti frutti.