Qualche decennio prima, negli anni ’70, Mark Granovetter teorizzò l’esistenza di tre diversi tipi di legami:
La ricerca di in uno spazio digitale in cui la vera identità di una persona e le sue riflessioni vengono messa al centro di una relazione, quella che nasce, grazie all’empatia ed in particolare all’empatia digitale, con una community accomunata dagli stessi valori e una bellissima sete di conoscenza.
1) quelli forti tra parenti, amici, colleghi con cui si hanno relazioni frequenti;
2) quelli deboli, tra persone che si incontrano di rado e interagiscono sporadicamente;
3) quelli assenti o temporanei, tra persone che si incontrano una volta nella vita.
Successivamente Granovetter ipotizzò la “forza dei legami deboli”, e attestò statisticamente, attraverso delle ricerche, che l’83% degli individui da lui analizzati, riferiva di aver trovato lavoro grazie a persone appartenenti alla categoria dei legami deboli, che in tal senso si erano rivelati più forti in quanto più utili, professionalmente parlando.
LinkedIn a mio avviso si basa su queste due teorie.
Per cui se ben coltivato, come qualsiasi piattaforma, può dare i giusti frutti.